Lettera del presidente del Motoclub Valle Staffora al giornale del CAI
ITALIA, PAESE DEL NO
Non siamo certo noi i primi a dirlo: l’Italia è diventata il “Paese del no”. Qualsiasi cosa si faccia, c’è sempre qualcuno che si oppone, spesso con ragione talvolta con motivazioni pretestuose.
Il caso della circolazione fuoristrada, ci sembra uno di questi anche se è giusto pretendere che i motociclisti si comportino in modo corretto.
In questi giorni l’argomento è di attualità: martedì 8 aprile si voterà in Consiglio Regionale della Lombardia su una deroga alle leggi vigenti che permetterebbe alle moto un fuoristrada più libero con la possibilità alle varie autorità comunali di concere autorizzasioni. Il Comitato Alpino Italiano si oppone in tutti i modi.
Vediamo come finirà. Intanto pubblichiamo integralmente la lettera inviata dal Alessandro Ricci, presidente del Motoclub Valle Staffora (sui colli fra le province di Pavia e Piacenza) a “Lo scarpone”, la rivista del CAI.
Gentilissimo Direttore,
faccio riferimento all’articolo “Il CAI Lombardia si oppone alla deroga al divieto di andare con le moto sui sentieri” pubblicato sul vostro sito.
Vivo in Valle Staffora e scrivo queste righe come privato cittadino ma anche come presidente di un motoclub e figlio di un commerciante: la mia opinione è un punto d’incontro tra questi tre ruoli, e la mia passione per le moto non interferisce sul mio senso civico.
Condivido alcune delle cose messe in luce dalla Signora Renata Viviani, in quanto amo camminare nei miei boschi ed essendo appena diventato papà, vorrei che anche mio figlio avesse queste stesse mie possibilità.
Penso però che le cose vadano regolamentate e non vietate, soprattutto quando si tratta di passione e tempo libero e voglia di godersi il proprio territorio, nel rispetto di tutto e di tutti.
Mi ritrovo a fare i conti col fatto che il mio bel territorio è considerato una zona depressa: ha perso, infatti, una forte spinta all’accoglienza e al turismo, negli ultimi anni molte attività commerciali sono state chiuse. I giovani cercano lavoro fuori e di conseguenza molti dei nostri paesi si stanno spopolando.
Troppe volte ho sentito dire: “i rally NO perché danno fastidio, le bici NO perché ingombrano la strada, i concerti NO perché fanno troppo rumore, le gare in moto NO perché rovinano il territorio, le mountain bike NO che sono pericolose perché non le senti arrivare, quelli a piedi NO perché lasciano le bottiglie in giro, i cacciatori NO perché sparano”, e poi? Credo che chiudendo le porte agli sport e alle passioni “a motore” si tagli una enorme fetta di turismo che garantisce linfa vitale alle nostre valli. Purtroppo i soli pullman di escursionisti lasciano solo le briciole dei panini che si portano da casa.
Consideriamo anche la posizione dei commercianti che investono in sforzi economici per garantire un servizio e mantenere vivi i nostri paesi. Il giorno che chiuderà l’ultimo negozio che rimane sotto casa vorrà dire che il mio paese sarà destinato a scomparire. Volete vietare il transito, anche momentaneo, ai motociclisti e alle loro moto? Ai cacciatori e alle loro jeep? Ai fungaioli e alle loro auto? Allora, chi vuole tutto questo, si organizzi per aiutare tutte quelle famiglie che non possono permettersi di spostarsi per acquistare ciò di cui necessitano. Il tono delle mie parole è volutamente polemico per sottolineare il grave rischio che si corre qualora si decida di intraprendere una strada di divieto totale.
È giusto che ogni sindaco gestisca il proprio territorio in base alle esigenze e alle caratteristiche dello stesso: la nostra valle si presta tanto alle escursioni a piedi quanto a quelle in moto, offre boschi per la raccolta delle castagne e dei funghi e percorsi eno-gastronomici. Un’attività non esclude l’altra, se il coordinamento viene fatto a livello locale anzi si tratta di una spinta arricchente. Vorrei ricordare che tempo fa, in occasione della chiusura alle moto di alcune province, le nostre strade si sono ritrovate a dover ospitare anche i motociclisti di quelle zone: il problema quindi non si è risolto ma semplicemente spostato da una provincia all’altra.
Questo dimostra ulteriormente che il divieto non risolve il problema, sempre se si considera il turismo a motore come un problema.
Alessandro Ricci